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Spagna-Marocco, un millennio di tensioni su un campo di calcio

SpagnaMarocco un millennio di tensioni su un campo di calcio
Le enclavi spagnole di Ceuta e Melilla sulla costa africana e tanto altro. L'ottavo di finale di oggi pomeriggio è l'espressione di una rivalit&…

Se le previsioni dei geologi sono corrette, tra 500mila anni lo stretto di Gibilterra si chiuderà, il Mediterraneo diventerà un grande lago salato e Marocco e Spagna, o come si chiameranno allora, saranno unite fisicamente. In attesa del (lieto?) evento, il derby delle Colonne d’Ercole, che oggi pomeriggio stabilirà quale delle due nazioni avrà accesso ai quarti di finale del mondiale, si gioca tutto su una rivalità millenaria fatta di invasioni, cacciate, persecuzioni, dispute territoriali e fili spinati che ne fanno molto ma molto di più di una semplice partita di calcio.

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Torniamo un po’ indietro, allora. All’incirca di 1.300 anni, quando il Marocco conquistò per intera la Penisola iberica. A dirla giusta, non proprio di Marocco bisognerebbe parlare, bensì di Califfato Omayyade, una dinastia araba che prese il controllo delle terre dei Berberi, ma la sostanza cambia poco: nel 732 dC, all’apice della loro espansione, i mori avevano occupato Spagna e Portogallo, e a Nord confinavano direttamente con il Regno dei Franchi di Carlo Martello (il bisnonno di Carlo Magno), che li fermò a Poitiers prima che arrivassero su fino a Parigi. Ora, è evidente che la vicenda differisce parecchio a seconda di chi la racconta: ma che i califfi fossero una grande casa regnante, cultrice delle scienze e della filosofia e capace di erigere alcuni tra i palazzi più belli della storia dell’umanità, è acclarato; e che nonostante tutto molti tra gli iberici non ne gradissero la presenza, anche.

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Tant’è che di lì a poco i cristiani cominciarono a ribellarsi e a riprendersi, poco per volta, il maltolto. Ci misero un bel po’ di tempo, quasi otto secoli: ma alla fine – prima con le spade, poi con l’artiglieria pesante – completarono la Reconquista. Di nuovo, è questione di punti di vista. Ma non fu un bel momento. Perché prese forma proprio allora, nel 1492, una tra le peggiori persecuzioni religiose che la storia ricordi: con Isabella di Castiglia e Tomás de Torquemada che a capo della Santa Inquisizione costrinsero musulmani ed ebrei a convertirsi al cattolicesimo. L’alternativa erano saccheggi, torture, omicidi. O, nella migliore delle ipotesi, l’esilio. Così nel giro di pochi decenni la Spagna, dal principale centro di cultura islamica ed ebraica qual era, si ritrovò senza più musulmani né ebrei.

La Reconquista, naturalmente, divenne poi anche una Conquista tout court. Gli spagnoli si presero prima Ceuta e Melilla, sulla costa africana, per controllare le Colonne d’Ercole da entrambi i lati (e seicento anni più tardi ancora si guardano bene dall’andarsene. Anzi, hanno circondato le due exclave con muri e filo spinato per tenere lontani i migranti). Poi, nel 1859, approfittando del fatto che i marocchini erano usciti sconfitti ed esausti dal conflitto con le truppe coloniali francesi, dichiararono guerra al sultano, conquistarono la città di Tetuán e firmarono un trattato di pace solo dopo aver estorto un congruo indennizzo in moneta. In fattura li chiamarono "Danni di guerra”. Non paghi, tra il 1912 e il 1956 imposero il loro protettorato sulle due estremità del paese, a Nord e a Sud, un bel sandwich con in mezzo il governatore francese. E nel frattempo si erano già mangiati per intero il Sahara occidentale, che fu ribattezzato Sahara spagnolo e rimase tale fino alla metà degli anni ’70, quando Madrid si fece da parte e lasciò al Marocco l’incombenza di combattere le truppe indipendentiste del Fronte Polisario.

Per farla breve. Da bravi vicini di casa, marocchini e spagnoli sono 1.300 anni che si pestano i calli a vicenda. Quella di oggi dovrebbe essere una felice eccezione alla regola, con un pallone di cuoio nel ruolo che fu delle palle di cannone. Comunque, tutto meno che un’amichevole.

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