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L'antropologa Paganelli: «Noi donne, scomode, ancora oggi trattate ...

Lantropologa Paganelli Noi donne scomode ancora oggi trattate

Le streghe? Secondo lo scrittore britannico Ian Rankin sono frutto dell’immaginario. Come dire: esistono soltanto nella mente delle persone. E quando se ne parla, il pensiero comune corre per lo più alla regina Grimilde, in Biancaneve, che appartiene al mondo delle fiabe. E che, proprio per questo, non ha una corrispondenza con la realtà. Una donna brutta, vecchia, invidiosa e rancorosa nei confronti di chiunque, portatrice insana di malvagità. L’antropologa del corpo Giulia Paganelli, alias Evastaizitta, non è propriamente d’accordo: «Mi occupo di streghe e corpi mostruosi da che mi sono trasferita a Praga per tradurre, leggere e studiare i documenti storici dei loro processi inquisitoriali. Una esperienza affascinante quanto atroce che mi ha portato in tempi e luoghi diversi. Fino a Salem, villaggio nella contea di Essex, in Massachussetts, che alla fine del 1600 fu teatro di un processo incredibile, con una serie di accuse tra vicini di casa e atti giuridici efferati rivolti a persone tacciate di stregoneria. Fu una delle ultime persecuzioni lunghe alle streghe in contesto nord-atlantico, ma è la storia che ci ricordiamo di più grazie alle rappresentazioni audiovisive e letterarie».

Dopo Salem che cosa ha fatto?

«Sono tornata a casa con l’idea di approfondire, ripartendo dalle narrazioni delle streghe della mia famiglia. Perché sa, le streghe non sono solo nelle fiabe. Ne è nato un podcast storytel original che teoricamente doveva strutturarsi in 8 episodi di 30 minuti ciascuno — Herbariae. Streghe dell’Anima Mia — ma che in pratica è diventato di 9 da 40 perché le cose da dire sono tante e comunque non ci sono state tutte. Herbariae parla delle persone incontrate sì nei vari documenti storici, in perenne ricerca, studio e consultazione. Ma anche di quelle conosciute sulla mia strada, nei libri e nei film. Ne ho scandagliato le vite e il loro essere costantemente messe ai margini per avere detto no. Semplicemente. Herbariae parla anche di me, del mio viaggio nel passato, di quello che ho ricordato e di quello che ho negato per molto tempo. Perché se c’è una cosa di cui oggi ho piena consapevolezza è che alla fine della radura, nude e con del vino in mano, siamo tutte in piedi di fronte al fuoco della nostra storia».

Che cosa intende dire?

« Sentiamo tutte il richiamo della foresta, avvertiamo il potere della libertà e della ribellione, assaporiamo cosa significa dire “no, questo non voglio farlo” e ricevere in cambio reazioni sbalordite. Quello che noi donne subiamo ancora oggi, seppure in maniere differenti, non è poi così diverso da ciò che accadeva allora, quando di stregoneria si moriva. Questo lavoro raccoglie gli ultimi 13 anni della mia vita. Stavo conseguendo la laurea magistrale in antropologia. Un giorno una docente lesse un testo di un’antropologa cambogiana. In quelle pagine si parlava di rifugiati cambogiani che, per entrare nella società americana, dovevano snaturarsi. Dal corpo ai gesti, dal taglio dei capelli all’odore, tutto doveva essere modificato per omologarsi all’altro. Un grande rischio».

Perché?

«Perché il corpo biologico smette di esistere e diventa un corpo culturale. Un po’ come capita alle streghe i cui corpi da biologici diventano culturali. Per semplificare, la strega è, a tutti gli effetti, un corpo pieno di mente e la ricostruzione storica miscelata all’analisi antropologica ci rimanda a un quadro ben più complesso di quello che questa figura ha subìto, ha indossato e ha sputato nel corso dei secoli. Le faccio un esempio classico, quello di un neo che alla fine diventa uno stigma. Di più: la prova della presenza del diavolo su quel corpo. Altro esempio: i capelli lunghi e rossi all’epoca erano considerati anomali, così come i disabili, i grassi, i vecchi… Categorie di persone che la società metteva al margine perché non conformi alla norma».

Cos’altro ha scoperto durante i suoi studi?

«In questo lungo periodo sono venuta a conoscenza di informazioni incredibili e dinamiche ricorrenti. Intanto partiamo dalla certezza che le streghe, in prevalenza, sono sempre state donne. Ma non donne a caso, bensì donne temibili per il fatto di avere avuto nella società posti di potere. Pensiamo ad esempio alle herbariae, e cioè a quelle donne che conoscevano le proprietà delle erbe e si dedicavano alla raccolta e alla preparazione dei medicamenti, farmaciste che preparavano composti galenici, infermiere e medichesse che fornivano cura e assistenza. Pensiamo anche alle levatrici, a coloro che accompagnavano altre donne lungo il percorso della riproduzione. Che poi è il potere più grande di tutti, quello che ossessiona e spaventa il patriarcato perché è il solo che non può controllare, né avere. Anche oggi, del resto, è ancora così, no? Si tratta di persone con un grande potere all’interno della comunità. Un tempo i villaggi non avevano il medico a portata, così gli subentravano, anche con successo, le donne. Quando il sapere medico è entrato nelle università è diventato a presidio maschile e, spesso, religioso. Le università erano gestite infatti dai prelati e basavano i loro studi anche sulle tavole di Galeno e sulla medicina ippocratica, cose distantissime e poco utili. Per questo le comunità hanno cominciato a preferire le herbariae e le guaritrici perché a differenza dei medici usciti dalle università, il cui unico rimedio era il salasso, loro conoscevano i corpi, le erbe, i rimedi e le conseguenze delle pratiche. E salvavano molte più vite».

Tutto documentato?

«Tutto! E questo podcast, ideato, scritto e letto da me, cerca di mettere insieme quante più informazioni possibili per dimostrare che la figura della strega non è bidimensionale, ma ha tanti strati e riguarda persone esistite che realmente sono state perseguitate, torturate e uccise. Questo perché avevano corpi divergenti, troppo potere, svolgevano mansioni che davano fastidio e intaccavano ego, reputazione e prestigio dei maschi nei ruoli di comando. Ricordo con sgomento i miei trascorsi nel Nord Moravia, Repubblica Ceca. Avverto ancora oggi un senso di choc quando penso ai fatti accaduti proprio là, in quella foresta che guardavo dall’archivio storico in cui studiavo. Eventi reali e corpi di persone che hanno subìto atrocità indicibili. Ho maturato un forte senso di giustizia. E deciso di restituire dignità alla figura della strega».

In che modo?

«Questo podcast vuole offrire alle persone un impianto su cui riflettere. E far capire che quello che è accaduto al tempo della riforma protestante e della controriforma si perpetua anche oggi tutte le volte che la società pretende di educare giudicando, punendo, omologando, reprimendo. Accade ad esempio nel momento in cui si dice che la maternità appartiene solo alla famiglia tradizionale e si strappano bambini ai nuclei familiari. O quando si abolisce la Roe&Wade — la sentenza storica che legalizzò l’aborto nel momento in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti riconobbe il diritto della texana Norma McCorvey di interrompere la gravidanza — ma anche quando Roccella e questo governo continuano ad attaccare la nostra 194, quando affossano il ddl Zan, quando si insiste nel mandare in onda programmi che non rispettano i modi in cui occorre parlare di violenza di genere senza violentare nuovamente le vittime, quando i poteri dimostrano di non avere alcun interesse nei confronti delle persone se non quello di controllarne corpi e pensieri. E da perché? Perché se ci omologhiamo tutte siamo più gestibili».

Giulia, lei ha parlato di patriarcato. Crede che oggi gli uomini si sentano ancora minacciati dalle donne?

«Credo che ci sia un enorme problema culturale. Un problema che, nonostante i secoli, non sia stato affrontato a dovere perché mina i centri di potere. Veniamo tutti cresciuti ed educati in un sistema sartoriale su misura per i desideri maschili, i loro comportamenti e i loro gusti. I maschi da una parte crescono convinti che il mondo sia loro; le femmine di dover essere a servizio di questo status. Solo che le cose cambiano, evolvono e le donne pian piano si svincolano da queste catene di sottomissione. Così quando i maschi ricevono una critica, un dissenso o un “no”, non sanno gestire la perdita di potere e corrono a riguadagnare spazio e privilegio imponendosi con la violenza. Tutti i maschi vengono cresciuti in questa struttura, potenzialmente tutti possono rispondere negli stessi modi. La prova è data dallo smarrimento che dimostrano quando, per diversificarsi da quelli che erroneamente chiamiamo mostri, portano come eccellenza il non picchiare le compagne o il non aver mai pensato di uccidere qualcuno. Pretendono un applauso per questo, come se fosse una gentile concessione che ci fanno e non il minimo sindacale. Quindi, per rispondere, credo non mi interessi molto se si sentono minacciati, impotenti o depredati di qualcosa. Mi interessa che le Istituzioni, le politiche e chi si occupa del tema intervengano con misure e procedure efficaci, educative fin dall’infanzia. Anche alla svelta».

19 novembre 2023 (modifica il 19 novembre 2023 | 10:57)

(©) RIPRODUZIONE RISERVATA

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