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Renè Benko, arrestato il magnate del crac Signa: nascosti i beni

Renè Benko arrestato il magnate del crac Signa nascosti i beni
Arresto del fondatore di Signa Group in Austria su richiesta della Procura di Vienna: ha falsificato una fattura e tentato di nascondere i beni

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Dopo l’insolvenza, l’arresto per corruzione. Renè Benko, magnate del gruppo immobiliare Signa finito in insolvenza, è stato arrestato nella sua villa di Innsbruck questa mattina alle 8.30. Ne dà notizia il quotidiano austriaco Kronen Zeitung. L’arresto del fondatore di Signa Group è arrivato su richiesta della Procura per corruzione. La richiesta, scrive il quotidiano austriaco, arriva per il rischio di inquinamento delle prove e reiterazione del reato. Benko è coinvolto anche nella maxi inchiesta della procura di Trento.

Nascosti i beni

Benko - comunica la Procura anticorruzione (Wksta) di Vienna - è stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere. Avrebbe falsificato una fattura e tentato di nascondere i beni. In questo modo, avrebbe tentato di «eludere l’accesso delle autorità, dei fiduciari e dei creditori». L’arresto è stato effettuato dall’unità investigativa speciale “Soko Signa”, dopo l’autorizzazione del Tribunale di Vienna. Secondo gli inquirenti Benko era “il proprietario effettivo” della Fondazione privata Laura, anche se lo aveva nascosto nell’ambito della sua insolvenza personale. Avrebbe quindi occultato dei beni secondo intense indagini condotte negli ultimi mesi dalla Wksta «con intercettazioni telefonica, analisi di intelligence e dichiarazioni di partner commerciali, dirigenti e dipendenti». Secondo la stampa austriaca, la Fondazione privata Laura, gestita formalmente dalla madre dell’imprenditore, pagava un affitto mensile di 238.500 euro per la villa, nella quale però viveva tuttora il figlio e nella quale ora è stato arrestato.

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La Procura di Vienna

Benko è stato arrestato su ordine della Procura anti-corruzione di Vienna, tra l’altro per il sospetto di aver ’deviato’ parte della massa fallimentare. In Austria sono in corso diversi procedimenti con vari filoni contro il 47enne. L’ultimo riguarda il presunto “utilizzo a scopi personali” di oltre un milione di euro di fondi Covid per il suo albergo di lusso Chalet N a Lech am Arlberg. La Wksta sta facendo luce sul ruolo nel mega-crac del suo impero Signa. In Germania, invece, si sono attivate già la scorsa primavera le Procure di Berlino e Monaco, tra l’altro per l’insolvenza del famoso e storico centro commerciale KaDeWe. Gli investigatori nel Liechtenstein stanno analizzando la rete di fondazioni del gruppo del tycoon e l’eventuale riciclaggio di denaro. Finora, però, solo l’Italia, su iniziativa della Procura di Trento, aveva chiesto il suo arresto per una serie di operazioni immobiliari nel nord Italia. Nonostante i vari guai, la scorsa estate Benko, che possiede una villa sul Garda, aveva fatto una una gita in barca sul lago, come documenta una foto pubblicata a dicembre dalla Kronenzeitung. Lo scatto mostrava il tycoon al volante del suo potente motoscafo blu. «Doveva essere chiaro a tutte le persone coinvolte che l’imbarcazione non poteva più essere utilizzata una volta aperta la procedura di insolvenza», aveva dichiarato il curatore fallimentare Andreas Grabenweger.

Patrimonio gestito dopo le dimissioni

Insomma, secondo la procura anticorruzione di Vienna Renè Benko avrebbe continuato a gestire impropriamente tutto il patrimonio anche dopo essersi ufficialmente ritirato dalla gestione del gruppo e delle sue fondazioni. La procura anticorruzione contesta a Benko anche di essere il vero proprietario della fondazione privata ’Laura’ nonostante lo avesse nascosto durante l’indagine per l’insolvenza personale all’interno del crac del gruppo. La procura contesta inoltre che la fondazione privata, gestita dalla madre di Benko, versasse 238.500 euro al mese per l’affitto della villa dove viveva e dove è stato arresto.

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Per indagare sul crac Signa la procura anticorruzione viennese ha costituto una unità investigativa speciale che ha lavorato per circa un anno scoprendo che Benko avrebbe cercato falsificare almeno una fattura per allontanare magistratura e creditori dai suoi fondi, detenuti in una fondazione. Le richieste di risarcimento da parte dei creditori, per quanto riguarda il fallimento del KaDeWe, ammontano a 2,4 mld di euro. In merito alla vicenda dei fondi Covid, gli inquirenti vogliono capire se siano stati usati per sostenere effettivamente lo Chalet N o se siano stati distratti per altri motivi

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