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Bodies su Netflix è l'esempio di quando l'high-concept non funziona

Bodies su Netflix è lesempio di quando lhighconcept non funziona
La serie murder-mystery fantascientifica britannica punta su una trama imprevedibile che tale non è, ma si salva grazie a una manciata di ottimi protagonisti. La nostra recensione senza spoiler

In Bodies il magnete con cui attirare lo spettatore dovrebbe coincidere con la risoluzione del rompicapo dei quattro cadaveri attraverso una miriade di svolte narrative. All'inizio è senz'altro così. La direzione presa dal finale e relative risposte conducono tuttavia a un esito deludente e scontato, specialmente, come accennato più sopra, per chi bazzica i racconti sui viaggi nel tempo. Nel suo obiettivo auspicabilmente primario, ovvero offrire una storia imprevedibile e avvincente che tenga lo spettatore incollato in modalità binge-watching per la durata di otto episodi, Bodies tendenzialmente fallisce prima di raggiungere la metà della sua narrazione. Almeno parzialmente, per i motivi di cui sopra. Il fatto che lo sceneggiatore Paul Tomalin prenda la storia – e se stesso - tanto sul serio e dispensi ogni puntata senza un briciolo di ironia, è vagamente imbarazzante, e lo è ancor di più considerando che tale auto-consapevolezza non provenga da qualcuno che ha firmato un capolavoro.

Bodies.  Jacob FortuneLloyd as DS Whiteman in Bodies. Cr. Matt TowersNetflix ©.

Bodies. Jacob Fortune-Lloyd as DS Whiteman in Bodies. Cr. Matt Towers/Netflix ©.

Tomalin è l’autore della puntata più traumatizzante e tragica del già cupissimo spinoff di Doctor Who Torchwood, Continuano a uccidere Suzie, nonché del poco riuscito The Frankenstein Chronicles. Da questi si evince una certa propensione a adottare registri poco appetibili per chi predilige toni più lievi, o per lo meno stemperati da sprazzi di sollievo comico. Non è un difetto, di per sé, ci teniamo a sottolinearlo, ma in Bodies un po' di autoironia non guasterebbe. Tomalin ha anche collaborato con Paul Abbott alla stesura di No Offence, meraviglioso poliziesco al femminile, e questo è evidente quando ci si sofferma sui personaggi dei quattro detective protagonisti. Se lo show si attesta comunque come una serie che vale la pena di essere vista, è per le figure in particolare di Hasan, Whiteman, Hillighead e Maplewood. Sono tutti, per un verso o per l’altro, uomini e donne appartenenti a una minoranza – gay, disabili, ebrei, musulmani – in quel di Londra, sono tutti personaggi ben delineati, coinvolgenti e realistici per i quali si prova immediatamente empatia.

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