Capezzoli, perché la censura su Facebook e Instagram va rimossa
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Facebook e Instagram devono permettere a tutte le persone di poter mostrare liberamente i propri capezzoli, a prescindere dal genere e dall'orientamento sessuale. È la raccomandazione emessa dall’Oversight board, il consiglio di supervisione indipendente di Meta, secondo cui le politiche sulla nudità degli adulti e sui contenuti ritenuti come sessuali non sono coerenti con gli standard internazionali dei diritti umani, creando di fatto intrinseche discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e il genere delle persone.
Poche idee e confuseSecondo il report pubblicato dall’Oversight board, le restrizioni e le eccezioni alle regole sull’esposizione dei capezzoli femminili sono troppe e viziate da “una visione binaria del genere e su una distinzione tra corpi maschili e femminili" che le rende “confuse”, in particolare per quanto riguarda i diritti delle persone intersessuali, transgender e non binarie. E peraltro si applicano senza distinzione a immagini che vanno da scene di protesta a foto dopo un parto, dall'arte ai contesti medici e sanitari, come la chirurgia o la prevenzione del cancro al seno, ma sono “contorte e mal definite”, tanto da non riuscire a essere applicate correttamente.
“In alcuni contesti, per esempio, i moderatori devono valutare l'entità e la natura delle cicatrici visibili per stabilire se applicare determinate eccezioni” continua il report, sottolineando come la mancanza di chiarezza insita in queste politiche crei incertezza sia per gli utenti che per i moderatori, rendendole inattuabili nella pratica. Incertezza aumentata anche dalla superficialità delle norme di Meta riguardo all’adescamento sessuale, che dovrebbero essere riviste per riflettere più accuratamente le leggi a riguardo.
Regole da rivederePer questo, secondo l’Oversight board, Meta dovrebbe “definire criteri chiari, oggettivi e rispettosi dei diritti” per rivedere le proprie politiche sulla nudità degli adulti e sui contenuti ritenuti sessuali, al fine di adeguarsi “agli standard internazionali dei diritti umani, senza discriminazioni di sesso o genere”. Una raccomandazione che arriva dopo decenni di lotte femministe contro l’ipersessualizzazione del seno femminile, schiacciato nella censura come intrinsecamente e universalmente sessuale da un certo bigottismo, scandalizzato anche dall’allattamento al seno in pubblico.
Battaglia diventata mainstream nel 2013 grazie alla campagna Free the nipple (Libera il capezzolo), alla quale hanno aderito anche celebrità come Rihanna o Miley Cyrus e riportata recentemente sotto i riflettori dall’attrice Florence Pugh che, indossando un abito trasparente rosa sul tappeto rosso, ha detto ai critici “non voglio offendere le persone, ma credo che il punto sia: come possono i miei capezzoli offendervi così tanto?”, come si legge su Vogue.
Il casoMa a innescare l’intervento del consiglio di supervisione è stata la rimozione di due post, pubblicati su Instagram, relativi a un intervento chirurgico di transizione, condivisi a fini divulgativi e benefici. Entrambi i contenuti riportavano la foto del petto nudo di una persona, con i capezzoli coperti e accompagnati da informazioni riguardo l’assistenza sanitaria per le persone transgender, le operazioni di chirurgia al seno e link per raccolte fondi di beneficenza.
Nonostante il loro scopo sociale e la copertura dei capezzoli, i due post sono stati sottoposti a diverse segnalazioni, ma anche molte contro segnalazioni che li indicavano come non offensivi, per poi essere giudicati da un moderatore umano come in violazione delle politiche di Instagram contro l’adescamento sessuale. Una decisione assurda che l’Oversight board ha immediatamente ribaltato, facendo riammettere i post e pubblicando le raccomandazioni di cui sopra.
Tuttavia, nonostante le decisioni del consiglio siano vincolanti rispetto alla rimozione e ripubblicazione dei post, le raccomandazioni relative alle politiche di Meta non sono vincolanti. L’azienda di Mark Zuckerberg è infatti tenuta a rispondere pubblicamente entro 60 giorni, ma non è obbligata a mettere i pratica le indicazioni dell’Oversight board, che hanno solo un carattere consultivo. Dalla sua istituzione nel 2020, il consiglio ha fornito più di 130 raccomandazioni a Meta, ma l’azienda ne ha applicate solo 40.