Amici e avversari il derby parallelo di Inzaghi e Conceiçao
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Entrambi sono nati in città bagnate da fiumi, Coimbra e il Mondego per il primo, Piacenza e il Po per il secondo, hanno debuttato in Serie A lo stesso giorno, sono stati protagonisti alla Lazio nella conquista dello scudetto 99/00 e ora sono gli allenatori delle due squadre di Milano, avversarie in campionato dopo la Supercoppa in Arabia
Se potessimo tracciare su un foglio le linee della vita di Sergio Conceição e Simone Inzaghi, scopriremmo che non sono due rette parallele, ma una sorta di treccia dai molti punti in comune. Entrambi sono nati in città bagnate da fiumi, Coimbra e il Mondego per il primo, Piacenza e il Po per il secondo, hanno debuttato in Serie A lo stesso giorno, sono stati protagonisti alla Lazio nella conquista dello scudetto 99/00 e ora sono gli allenatori delle due squadre di Milano. Prima avversari, poi amici: ecco il legame fra Conceição e Inzaghi che con il primo derby fra Milan e Inter a San Siro saranno costretti a mettere in pausa la loro amicizia. Per un paio d’ore.
Il primo incontro
13 settembre 1998. È questo il giorno del loro debutto in A, il giorno dove tutto ha inizio. Conceição era da poco arrivato in Italia ed era stato scelto per coprire il vuoto lasciato da Diego Fuser, andato al Parma. «Ho giocato sempre a centrocampo, sulla fascia destra. Corro parecchio e mi piace crossare. Non disdegno il tiro e non ho difficoltà a calciare con entrambi i piedi»: si presentava così il portoghese alla Gazzetta dello Sport, circa 27 anni fa.
Inzaghi invece era pronto a prendersi la prima squadra della sua città, dopo anni infiniti di prestiti fra Carpi, Novara, Lumezzane e Brescello. In quel pomeriggio a ridosso dell’autunno i due si trovano faccia a faccia in Piacenza-Lazio, stadio Garilli, e il duello va al beniamino di casa. In campo dal primo minuto, segna il gol dell’1-1 con un colpo di testa, svettando su Fernando Couto, quando la partita sta per finire. Così si prende la scena e il giorno dopo il quotidiano piacentino Libertà lo celebra in prima pagina: «La squadra di Materazzi scopre in Simone Inzaghi, fratello del Superpippo juventino, l’attaccante del futuro».
I commenti positivi continuano poi nella colonna dedicata ai giudizi: «Un gol buono, uno annullato, un tuffo di testa che meritava sorte migliore. Che la festa continui». Al contrario il rivale laziale, uscito all’intervallo per fare spazio a Roberto Mancini, viene stroncato: «Nulla da segnalare sulla fascia destra», recita il suo pagellino. Opinioni pienamente confermate dalla Gazzetta, che dà 4 all’attuale allenatore del Milan e un bel 7 all’esordiente sulla panchina dell’Inter.
Estasi biancoceleste
In quello stesso anno l’attaccante biancorosso termina il campionato con 15 reti, secondo solo a Gabriel Batistuta. È l’esplosione che convincerà la Lazio a puntare su di lui, mettendo sullo stesso binario il destino di quei due giocatori che si erano affrontati per la prima volta l’estate precedente. E che poi hanno scritto un pezzo di storia. Nella capitale Conceição e Inzaghi hanno giocato una sola stagione insieme (33 partite), hanno vinto la Supercoppa Europea nel 1999, la Coppa Italia e uno storico scudetto nel 2000. Il portoghese ha servito al compagno uno dei quattro assist in quel Lazio-Marsiglia finito 5-1 con il poker del tecnico nerazzurro, grazie a cui i biancocelesti conquistarono l’accesso ai quarti di finale di Champions League. Ma soprattutto hanno condiviso momenti che ricordano ancora con piacere, sono cresciuti e sono diventati amici.
E pensare che questa amicizia è andata vicina a scoppiare per un paio di minuti caotici sul campo. Marzo 2023, i due si ritrovano da avversari in un Porto-Inter di Champions valido per il ritorno degli ottavi di finale.
I padroni di casa colpiscono prima un palo, poi una traversa nei minuti finali e al triplice fischio scoppia la rabbia dell’allenatore dei Dragões. Infuriato e infastidito da alcune scelte arbitrali, Conceição lascia il terreno di gioco evitando di stringere la mano al collega interista che si era fatto avanti per salutarlo. Una camminata verso gli spogliatoi senza neanche guardarlo. Inzaghi gli sussurra qualche parola, ma niente di che. Da quel momento in poi si sono sfidati una sola volta, a Riyadh per la recente finale di Supercoppa. Milan-Inter di oggi sarà la seconda. L’ascia di guerra è sepolta. Almeno per ora.
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