Diabete di tipo 1: che cos'è, quali sono i sintomi e come si cura
Oggi è possibile tagliare su misura la terapia con insulina e così avere una qualità di vita ottimale, senza grandi limitazioni, e soprattutto un’aspettativa di vita analoga a quella di chi è sano
Spesso la diagnosi arriva da piccolissimi, come nel caso del figlio dell’ex calciatore Massimo Ambrosini, oppure in infanzia o in adolescenza: per questo, ma anche perché è una malattia cronica che impone una cura quotidiana a base di iniezioni di insulina, il diabete di tipo 1 è una malattia che colpisce molto l’immaginario collettivo. Per fortuna però le opzioni di terapia sono tante e oggi la qualità e l’aspettativa di vita delle persone con diabete di tipo 1 sono simili a quella di chi non soffre di questa malattia del metabolismo.
Nel diabete di tipo 1 il sistema immunitario «impazzisce» e attacca le cellule beta del pancreas che producono insulina, l’ormone indispensabile per la gestione del metabolismo degli zuccheri nell’organismo, distruggendole: è perciò una malattia su base autoimmune alla quale concorrono fattori genetici, perché avere familiari stretti con diabete di tipo 1 ne aumenta la probabilità, e ambientali, perché per esempio alcune infezioni virali possono concorrere a scatenare la risposta immune alterata. Il deficit di insulina ben presto si manifesta con sintomi come perdita di peso, stanchezza, sete eccessiva e aumento della diuresi; purtroppo capita tuttora che a questi sintomi non si dia abbastanza peso e la diagnosi si ponga quando il bambino o l’adolescente arrivano in pronto soccorso con uno squilibrio metabolico grave. Il diabete di tipo 1 può tuttavia svilupparsi anche dopo l’adolescenza: il 10-20 per cento dei casi compare più tardi e viene chiamato LADA, o Latent Autoimmune Diabetes in Adults.
Fino a cento anni fa avere il diabete di tipo 1 era una condanna, poi dopo la scoperta dell’insulina, pian piano la vita dei pazienti è cambiata perché è stato possibile sopperire alla carenza dell’ormone attraverso iniezioni quotidiane. Non è semplice, perché occorre dosare l’insulina in funzione dell’alimentazione e dell’esercizio fisico, ma negli ultimi decenni la gestione della malattia è molto migliorata, prima grazie all’arrivo di insuline rapide da somministrare ai tre pasti e lente che consentivano di gestire la glicemia basale, poi grazie all’insulina ad azione prolungata che agisce per 24 ore e ha ridotto il rischio di ipoglicemie notturne, una delle complicazioni più temibili perché può portare al coma. Di recente poi sono arrivate anche insuline ultra-rapide che si possono somministrare durante il pasto e hanno un’azione entro pochi minuti, oppure ultra-prolungate che liberano dal vincolo dell’iniezione serale alla stessa ora. Oggi insomma si può «vestire» la terapia sulla singola persona, venendo incontro alle sue esigenze di vita e con una capacità ottimale di gestione della glicemia.
Pure il monitoraggio del glucosio nel sangue, necessario per modulare le iniezioni di ormone, oggi è molto più semplice: dalle strisce e pungidito del passato si è arrivati ai sensori che si possono applicare sulla pelle o anche sottocute, che durano fino a svariate settimane e monitorano il glucosio nel sangue praticamente in continuo, registrando i valori ogni cinque minuti. Il risultato è una possibilità di controllo della glicemia senza precedenti, che migliora la gestione della malattia riducendo il pericolo di complicanze ma senza modificare la qualità di vita dei pazienti. Se a questo si aggiunge la possibilità di utilizzare i microinfusori , magari connessi ai sensori e con algoritmi in grado di decidere la dose di insulina in risposta alle letture senza o quasi l’intervento del paziente, in quello che si sta avvicinando sempre più a un vero e proprio pancreas artificiale , ci si rende conto che l’obiettivo, non troppo distante, è rendere il diabete di tipo 1 una patologia di cui quasi «non accorgersi»: le giornate di una persona con diabete sono pressoché sovrapponibili a quelle di chi non ha problemi di glicemia, le attività «permesse» non hanno confini (ci sono sportivi professionisti con diabete in tutte le discipline, per esempio, e non si contano ormai le loro «imprese» atletiche di ogni tipo) e soprattutto l’aspettativa di vita è oggi sovrapponibile a quelle della popolazione generale.
3 marzo 2023 (modifica il 3 marzo 2023 | 17:50)
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