Elisabetta Belloni candidata al Quirinale. Discreta, amante della campagna, grande lavoratrice: l'ambasciatrice a capo del Dis piace a molti in modo t

I primi segnali sono arrivati nella tarda serata di mercoledì. Per diventare sempre più forti, e definiti, nel corso delle ore successive: il nome di Elisabetta Belloni, 63 anni, per il Quirinale non è una boutade. Ma un’idea concreta. “E guardi la questione di genere questa volta non c’entra”, ragionava di prima mattina un importante esponente del Partito democratico. “Prima di cominciare le operazioni di voto ho detto a mia figlia: spero di poter votare, ed eleggere, finalmente una donna. Ma nel caso della Belloni a rendermi felice sarebbe prima di tutto il suo curriculum, la sua storia, il suo lavoro”. Trentasei anni di diplomazia al servizio dello Stato, una carriera costruita all’interno della Farnesina dove per anni è stata capo dell’unità di crisi. Da quella poltrona ha gestito alcuni dei dossier più delicati della storia del nostro Paese, primi tra tutti i sequestri degli italiani in Iraq in una delle stagioni più difficili e dolorose.

Elisabetta Belloni ha lasciato il ministero degli Esteri da pochi mesi, scelta dal premier Mario Draghi per dirigere il Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, i servizi segreti, prima donna nella storia italiana. E’ arrivata in un posto così delicato in un momento molto difficile, perché l’intero comparto dell’intelligence arrivava da anni complessi segnati da un rapporto travagliato con il predecessore della Belloni, il generale Gennaro Vecchione, uomo di stretta fiducia del premier Giuseppe Conte, che aveva portato una serie di forzature formali e sostanziali nel lavoro dei nostri Servizi. Uno su tutti: l’incontro il giorno di Ferragosto con l’Attorney general americano William Barr e il procuratore John Durham che cercavano prove per il fantomatico complotto di cui Trump sosteneva essere stato vittima nella questione Russiagate.

Belloni ha portato al Dis invece l’esperienza e l’equilibrio della civil servant che, nei suoi anni alla Farnesina, è riuscita a essere equilibrata protagonista di dossier delicatissimi: quello per esempio dei rapporti del nostro Paese, e più in generale degli alleati atlantici, con la Russia, la Cina, la Turchia nella gestione degli equilibri del Mediterraneo. Non a caso si era detto che, scegliendo la Belloni, Draghi avesse voluto fare una scelta simile a quella di Biden che per il vertice della Cia aveva scelto un diplomatico di lungo corso, William Burns. A conferma che, in questo tempo, non può esistere sicurezza senza una capacità di lettura e di relazioni.

Il nome della Belloni era circolato già nei giorni scorsi come possibile sostituta di Draghi a palazzo Chigi qualora il premier traslocasse al Quirinale. Non è un mistero, infatti, che sia stimata trasversalmente – nel Pd, nella Lega, nei 5 Stelle, soprattutto dal ministro degli Esteri, Luigi di Maio, che in ogni occasione spende per lei parole importanti – tanto dai vertici dei partiti non è stato considerato un problema insuperabile l’anomalia di un passaggio dai Servizi alla politica. “La Belloni è una funzionaria dello Stato, non dell’intelligence” spiegavano fuori Montecitorio ancora ieri mattina due deputati. “Questo nei Servizi è un ultimo passaggio di una carriera costruita altrove”. Alla Farnesina, appunto. Dove è arrivata dopo aver studiato al liceo Massimo, a Roma, lo stesso di Mario Draghi. E una laurea in relazioni internazionali alla Luiss. Ambasciatore, tra i più importanti, era anche suo marito, Giorgio Giacomelli, scomparso nel 2017.

Della discrezione ne ha fatto uno stile di vita: in queste settimane i giornali hanno raccontato della sua passione per il running, le lunghe passeggiate al mattino presto, la campagna, i cani. Ma la cifra è la riservatezza. E infatti dal lato Dis, chiaramente, nessun commento ai rumors. I suoi collaboratori in queste ore a tutti quelli che chiedevano hanno risposto sempre con un sorriso: “Non sappiamo che dire, perché non c’è niente da dire. O da commentare. La direttrice è al lavoro. Come al solito”.