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Morto Enzo Mari: addio al ribelle dominato dalla passione civile

Morto Enzo Mari addio al ribelle dominato dalla passione civile
Come un addio. Risale a qualche giorno fa l’inaugurazione dell’antologica di Enzo Mari alla Triennale di Milano, fortemente voluta dal presidente...
Morto  Enzo Mari: addio al ribelle dominato dalla passione civileMorto  Enzo Mari: addio al ribelle dominato dalla passione civileEnzo Mari (1932-2020; foto Ansa)

Come un addio. Risale a qualche giorno fa l’inaugurazione dell’antologica di Enzo Mari alla Triennale di Milano, fortemente voluta dal presidente Stefano Boeri e curata da Hans-Ulrich Obrist con Francesca Giacomelli. In mostra, sessant’anni di opere ordinate cronologicamente: quadri, progetti, modelli, disegni e materiali (anche inediti). Dalle pitture degli Anni cinquanta alle «strutture» del decennio successivo, dai contenitori Putrella (1958) ai vasi della Serie Paros (1964), dalla sedia Box (1971) alla visionaria Autoprogettazione (1973), dalle 44 valutazioni (1976-2008) alla sedia Tonietta (1980), dall’Allegoria della dignità (1988) alle Lezioni di disegno (2008). Il percorso espositivo è accompagnato da una serie di contributi di artisti contemporanei che hanno reso omaggio alle profezie del designer milanese d’adozione con installazioni site-specific: tra gli altri, Tacita Dean, Dominique Gonzalez-Foerster, Mimmo Jodice, Rirkrit Tiravanija, Danh Vo e Nanda Vigo.

«L’uovo e la gallina» (1969), il libro creato da Mari con la prima moglie Iela
«L’uovo e la gallina» (1969), il libro creato da Mari con la prima moglie Iela
Questa mostra è stata un addio, dunque. Un po’ come quando un grande attore muore dopo l’ultima recita. Lunedì 19 ottobre, all’età di 88 anni, Mari ci ha lasciato. Arduo descriverne la personalità molteplice e, insieme, ossessiva. È stato un uomo severo, burbero, facile alle irritazioni, talvolta dolce e ironico, che indossava sempre camicie abbottonate fino alla gola. Questo aspetto quasi francescano contrastava con le sue scelte artistiche. Irrequieto e radicale nomade, in linea con la tradizione delle avanguardie, si è mosso tra design e arte, tra architettura e didattica, tra grafica e scrittura critica, misurandosi con tanti materiali (carta, legno, vetro, ceramica, ferro, acciaio). Senza mai tradire, però, il suo temperamento da artigiano. Che lo aveva portato ad allestire, in una stanza della sua casa milanese, un piccolo laboratorio con cassetti pieni di attrezzi, di bulloni, di viti, di chiodi. Di quei minimi elementi Mari conosceva tutto: storia, provenienza, funzione.

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Potremmo muovere da quel segreto rifugio per accostarci alla ricerca di questo straordinario e anarchico inventore che, nei quadri, negli oggetti di design, negli interventi di architettura, nelle avventure grafiche e nelle riflessioni teoriche, ha provato a saldare inclinazione rinascimentale, tensione razionalista e vocazione utopistica.

«La Serie della Natura N. 2: la pera» (1961, serigrafia su texilina per Danese)
«La Serie della Natura N. 2: la pera» (1961, serigrafia su texilina per Danese)
In primo luogo, il Rinascimento. «Da secoli gli umanisti guardano al globale, i tecnici al particolare, e io ho sempre pensato di appartenere alla prima famiglia», ha affermato, nella sua autobiografia (25 modi per piantare un chiodo, edita da Mondadori), Mari, il quale è transitato con disinvoltura tra territori linguistici non contigui, attribuendo un’assoluta centralità alla disciplina del progettare. Un’esperienza che esige competenza ed è segnata da errori e da fallimenti: «Corrisponde a una pulsione profonda dell’uomo, come l’istinto di sopravvivenza, la fame, il sesso» e allude a «un’attività che coinvolge ogni pratica, nel momento in cui l’umanità cerca di migliorare le proprie norme».

Inoltre, sulle orme della filosofia del Bauhaus, questo ribelle dominato dalla passione per la forma si è spinto verso una progettazione «senz’anima». Impegnato in indagini sulle ambiguità percettive e sui concetti di serie e di standard, Mari ha voluto riportare l’arte, il design e l’architettura alla loro essenza. Ha pensato, perciò, le sue azioni come teoremi esatti. Tentando di evitare imprevisti e approssimazioni, non ha lasciato nulla al caso: ha calcolato ogni passaggio, definendo piani, mosse, strategie. Infine, ha studiato le regole che governano le relazioni tra le varie parti delle sue creazioni, delineando una combinatoria complessa. Sono nati così i quadri aniconici realizzati all’epoca dell’adesione al gruppo dell’Arte Programmata, la ciotola Putrella, il portacenere Masarene, la zuccheriera Java, lo spremiagrumi Titanic e soprattutto 16 animali, un puzzle di legno composto dalle sagome di sedici animali.

Il calendario perpetuo «Formosa» (1963)
Il calendario perpetuo «Formosa» (1963)
Assistiamo al trionfo del rigore compositivo, della geometria pura. Eppure, nulla è statico nel sistema di Mari. Che, pur salvaguardando i «pattern» di partenza, ha sempre adottato ardite soluzioni cinetiche, pronto a imprimere un moto alle sue costruzioni d’impronta razionalista. Il fine di questo «discorso», come si legge in Progetto e passione (Bollati Boringhieri, 2001), è profondamente civile, sociale. Progettare? È un modo di fare politica servendosi di altri strumenti, per Mari. Che è stato animato da un sogno: farsi voce di un’utopia democratica (e comunista). Disegnare e produrre cose belle e, insieme, utili per la «gente comune». Cose indifferenti ai condizionamenti del mercato e delle mode, distanti dalla cultura dello spreco e dall’idea dell’usa e getta, attente ai nostri bisogni, fatte per durare.

In una conversazione con Obrist, Mari ha detto: «Guarda fuori dalla finestra e se ciò che vedi ti piace, allora non c’è ragione di fare nuovi progetti. Se invece ci sono cose che ti riempiono di orrore al punto da farti venire voglia di uccidere i responsabili, allora esistono buone ragioni per un progetto». Un manifesto di poetica. Una confessione. Forse, un addio.

La mostra

Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli, Milano, Triennale, fino al 18 aprile, catalogo Electa (pp. 544, euro 49). In mostra progetti, disegni, materiali inediti di archivio, saggi e interviste che documentano oltre 60 anni di attività. Il percorso della retrospettiva è articolato in 19 «Piattaforme di Ricerca» per restituire, spiegano i curatori, la sensibilità di Mari designer, artista, critico e teorico e l’attualità del suo pensiero.

La carriera: cinque volte Compasso d’Oro, regalò a Milano il suo archivio

Enzo Mari era nato a Cerano, in provincia di Novara, il 27 aprile 1932, ma ha sempre vissuto a Milano, città a cui aveva di recente donato l’archivio che documenta la sua attività professionale dal 1952 al 2015 e che sarà ospitato al Casva, Centro di Alti Studi sulle Arti Visive. Dopo gli studi all’Accademia di Brera, Mari sceglie subito di dedicarsi al disegno industriale, presentando il suo primo progetto a Danese (nel 1957). Oltre 1.500 oggetti progettati soprattutto per aziende italiane (Danese, Driade, Alessi, Zanotta, Magis), una proficua collaborazione con l’editoria (per Bollati Boringhieri firmerà nel 1965 il progetto grafico della «Universale scientifica»), cinque Compassi d’Oro (l’ultimo alla carriera nel 2011) scandiscono il percorso di uno dei maestri del Made in Italy.

19 ottobre 2020 (modifica il 19 ottobre 2020 | 21:38)

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