Indi Gregory, verso lo stop al supporto vitale. I genitori pronti al ricorso
Malgrado l'offerta dell'ospedale Bambino Gesù di Roma di continuare ad assisterla, ieri un giudice dell'Alta Corte di Londra ha confermato il via libera all'interruzione dei supporti vitali alla neonata inglese affetta da una grave condizione mitocondriale ritenuta "terminale" nel Regno Unito, fissando il termine a "non prima delle 14" locali di oggi. Il padre: "Mi rivolgo al governo britannico affinché consenta a Indi di andare in Italia prima che sia troppo tardi"
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La giustizia britannica ha fissato per oggi il termine per staccare le macchine che tengono in vita Indi Gregory, la neonata inglese di 8 mesi affetta da una grave patologia mitocondriale che medici e giudici britannici considerano irrimediabile e finita al centro di un caso legale fra Italia e Regno Unito. E si apre l’ipotesi di un "conflitto di giurisdizione" fra Roma e Londra come arma estrema per cercare di portare nel nostro Paese la bambina.
Malgrado l'offerta dell'ospedale Bambino Gesù di Roma di continuare ad assisterla, ieri il giudice Robert Peel, dell'Alta Corte di Londra, ha fissato da oggi il termine per interrompere il supporto vitale a Indi e ha negato alla famiglia il diritto di portarla a casa, nel Derbyshire, indicando un hospice come il luogo più adeguato per l'addio, a meno che i genitori non preferiscano lasciarla nell'ospedale di Nottingham dove è ricoverata. L'unico spiraglio previsto dal dispositivo è l'indicazione secondo cui le macchine che garantiscono la sopravvivenza potranno essere spente "non prima delle 14 di giovedì", per dar tempo di presentare quei ricorsi ulteriori che i Gregory hanno subito annunciato.
La concessione della cittadinanza italiana, formalizzata lunedì d'urgenza per "ragioni umanitarie" dal governo di Giorgia Meloni, non è dunque bastata al momento a modificare la sentenza britannica in base alla quale fin dalla settimana scorsa era stato dato ai medici il via libera ad avviare una modifica del protocollo di terapie palliative per accompagnare la bambina verso la fine: in nome del supposto "miglior interesse di Indi", dei timori di prolungarne ipotetiche sofferenze, di un epilogo ritenuto comunque segnato. Sbocco su cui pende tuttavia ancora, come una sorta di ultima chance, l'intervento formalizzato ieri su richiesta dei genitori Dean Gregory e Claire Staniforth dal console italiano a Manchester, Matteo Corradini, il quale - avocando a sé per conto dell'Italia la funzione di giudice tutelare - "ha emesso un provvedimento d'urgenza, dichiarando la competenza del giudice italiano e autorizzando l'adozione del piano terapeutico proposto dall'ospedale Bambino Gesù e il trasferimento della minore a Roma". Il console "ha anche nominato un curatore speciale" ed è impegnato a tentare ora una mediazione nella speranza di "favorire l'auspicabile collaborazione tra le autorità sanitarie dei due Paesi ed evitare un conflitto di giurisdizione".
L'obiettivo appare quello di cercare una qualche leva per provare a sbloccare in extremis la situazione per via diplomatica, e magari con qualche intervento condiviso dei due governi, tenuto conto delle ottime relazioni fra Giorgia Meloni e il premier Tory britannico, Rishi Sunak. Il giudice Peel, avallando la diagnosi dello staff medico di Nottingham, ha escluso nei giorni scorsi che un trasferimento a Roma possa giovare alla neonata e contribuire a modificarne "in alcun modo la prognosi". Prognosi legata a una condizione giudicata oltre Manica non solo incurabile, ma "terminale". Come nel precedente di Alfie Evans, protagonista 5 anni fa di una vicenda quasi identica conclusasi sull'isola con l'esecuzione del provvedimento d'interruzione del sostegno vitale delle macchine nonostante la concessione lampo della cittadinanza italiana, garantita all'epoca dal governo di Paolo Gentiloni, e gli interventi di Papa Francesco. Interventi che i genitori di Indi invocano di nuovo adesso, denunciando "il silenzio" della Chiesa anglicana e un atteggiamento della giustizia del Regno definito rigido e "disumano".
Il padre di Indi: "Una vergogna dire no all'offerta di trasferimento in Italia"Secondo Dean Gregory "è una vergogna che l'ospedale (di Nottingham) e le corti del Regno Unito insistano semplicemente a ignorare l'offerta del governo italiano" per il trasferimento di Indi Gregory al Bambino Gesù di Roma dopo la concessione della cittadinanza italiana alla bambina. "Mi rivolgo al governo britannico - ha dichiarato - affinché consenta a Indi di andare in Italia prima che sia troppo tardi".
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La madre Hollie Dance: 'Ha combattuto fino alla fine'. Il ragazzo, 12 anni, dal 7 aprile era tenuto in vita grazie al supporto vitale, dopo che un incidente domestico lo aveva ridotto in stato vegetativo. I genitori avevano presentato più volte ricorso contro la decisione dei medici di staccare la spina, arrivando fino alla Corte europea dei diritti dell'uomo
È morto il dodicenne britannico Archie Battersbee, due ore dopo l'interruzione del supporto vitale. Lo ha annunciato la madre del ragazzo, Hollie Dance (in foto). "Un bambino così bello. Ha combattuto fino alla fine", ha detto la donna ai cronisti fuori dall'ospedale in cui era ricoverato, il London Royal Hospital
Il distacco dalle macchine che hanno tenuto in vita il ragazzo dallo scorso 7 aprile era programmato. È stato un incidente domestico a ridurlo in stato vegetativo. La scorsa notte, parlando a Sky News, la madre aveva detto che i medici curanti avevano chiarito di non avere “più opzioni” per salvare Archie
I genitori di Archie avevano presentato più volte istanza ai giudici londinesi per ottenere il trasferimento del bambino in un hospice vicino casa, nell'Essex, e concedergli una "morte più degna e pacifica". Le richieste sono però state rigettate. Si conclude così un nuovo caso di braccio di ferro tra giustizia, famiglia e ospedali riguardo al destino di un bambino in stato di incoscienza. Il caso legale era arrivato anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma i giudici di Strasburgo avevano dichiarato che non era di loro competenza