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Kamila Valieva, il doping, il farmaco per il cuore, l’autogol dei russi: cosa sappiamo del caso della 15enne...

Kamila Valieva il doping il farmaco per il cuore lautogol dei russi cosa sappiamo del caso della 15enne
La vicenda solleva nuovi dubbi sull’etica del pattinaggio e di tutto lo sport russo. Alla Wada sanno benissimo che la trimetazidina è utilizzata sistematicamente nell’Est europeo e in Cina. E una quindicenne non prende farmaci da sola
di Marco Bonarrigo

Il caso solleva nuovi dubbi sull’etica del pattinaggio e di tutto lo sport russo. Alla Wada sanno benissimo che la trimetazidina è utilizzata sistematicamente nell’Est europeo e in Cina. E una quindicenne non prende farmaci da sola

È un caso farmacologico-diplomatico intricatissimo e potenzialmente esplosivo quello della positività alla trimetazidina della 15enne Kamila Valieva, superstar russa del pattinaggio mondiale. Un caso esploso martedì, poco prima della premiazione (sospesa all’ultimo momento) della gara olimpica a squadre in cui Kamila aveva trascinato i russi (indipendenti) all’oro, eseguendo per la prima volta nella storia un salto quadruplo.

MEDAGLIERE TOTALE

In attesa di atti ufficiali, possiamo approfondirlo grazie ad alcune fonti confidenziali interne alla Wada. Il caso stupisce per l’età dell’atleta e perché al centro c’è la Russia che sta (o stava) cercando di dimostrare al mondo di essere uscita da dieci anni di doping totale: una ragazzina dopata (e certo con la complicità di qualcuno) segnerebbe la fine del percorso di redenzione. Il fatto che il Cio e la Wada non abbiano adottato provvedimenti immediati, che tutti tengano le bocche cucite, che i politici russi abbiano subito gettato acqua sul fuoco fa capire quanto delicata sia la posta in gioco. La domanda chiave è: cosa ci faceva un potente (e proibito) farmaco contro l’angina nelle urine di una star planetaria del pattinaggio di appena 15 anni?

Che la trimetazidina sia una sostanza dopante è noto da almeno otto anni: tra i casi più celebri quelli (vecchi di quattro anni) della star del nuoto Sun Yang e della bobbista russa Sergeeva, puniti in maniera blanda (tre e otto mesi) e «coperti» sia dalle federazioni sportive che dalle autorità del loro Paese. Ma Wada ha fatto capire che con il Vasterel (il nome commerciale dell’unico farmaco che contiene la trimetazidina) serve il pugno duro. Come nel caso del lottatore francese Zelimkhan Khadjev, positivo dopo i mondiali del 2019: per lui quattro anni di sanzione comminati alla vigilia ai Giochi di Tokyo, il massimo della pena. L’atleta si era giustificato in maniera grottesca dicendo di aver comprato una confezione di Vastarel per curare dei dolori a una gamba, i giudici del Tas di Losanna non gli hanno creduto: il prodotto è venduto solo presentando una ricetta ripetibile che vale sei mesi e cura esclusivamente patologie cardiache importanti. Il Vasteral presenta diversi effetti collaterali e «ha sicurezza ed efficacia non garantite per chi ha meno di 18 anni».

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A cosa serve in ambito sportivo e come dopa gli atleti? Banalmente, riducendo il consumo di ossigeno nei processi metabolici e potenziando il flusso del sangue. Nel momento in cui è richiesto uno sforzo estremo (che nel pattinaggio c’è), la trimetazidina aiuta ad ottenerlo evitando al cuore l’«asfissia» e pompando più sangue. Un altro aspetto delicato e a rischio di ritorsioni legali è che andare a caccia di trimetazidina nelle urine di un atleta non è semplicissimo e la possibilità di sbagliarsi esiste. La presenza della molecola nelle urine può essere infatti il frutto dell’assunzione di un farmaco non proibito (la lomerizina, si usa per le emicranie) e quindi a chi fa le analisi — in caso di positività — la Wada chiede (avvertenza tecnica TL 13) grandissima attenzione allo studio dei metaboliti prima di dichiarare l’atleta come fuori legge.

Da quanto trapela sul fonte olimpico, i russi (noti gaffeur) avrebbero però dichiarato pubblicamente che il farmaco «non migliora la prestazione ma cura problemi cardiaci», realizzando un grande autogol: se la Valieva avesse davvero avuto problemi di cuore avrebbe dovuto (oltre che curarli sospendendo l’allenamento) chiedere un’autorizzazione terapeutica all’uso del farmaco, che non risulta essere mai stata presentata e che probabilmente non sarebbe stata concessa. La trimetazidina è proibita in competizione e fuori competizione ed è classificata come «non specifici», ovvero non permette di evocare la scusante di una contaminazione o assunzione accidentale. Questo perché il principio attivo è contenuto solo nel farmaco.

Altro problema, la trimetazidina ha un’emivita bassa, ovvero viene rapidamente (5/7 ore) eliminata all’organismo: il fatto di averla trovata (il controllo incriminato risalirebbe a dicembre) significa che Kamila l’aveva assunta da poco tempo. Ma fonti del laboratorio antidoping che ha analizzato il campione lo scorso dicembre parlano di quantità infinitesimali, rintracciate solo grazie alla precisione estrema dei nuovi strumenti di misura. In questi casi, per evitare strascichi legali, le parti potrebbero concordare per un’archiviazione della posizione che susciterebbe comunque enormi polemiche: la logica per questo tipo di sostanze è binaria, o sei positivo oppure no. Americani, canadesi e giapponesi griderebbero all’ennesima complicità del Cio.

Il problema dell’età di Kamila (15 anni) complica ulteriormente il caso. A chi ha meno di 16 anni non si possono imputare colpe o squalifiche (come per i reati penali), ma un risultato viziato da positività va annullato. Quindi via l’oro a squadre ai russi e Valieva avanti nelle gare individuali? Difficile dirlo, i casi di doping su ragazzi così giovani sono rari, la giurisprudenza scarsa. Sanzione a parte, il caso solleva nuovi dubbi importanti sull’etica del pattinaggio e di tutto lo sport russo. Alla Wada sanno benissimo che la trimetazidina è utilizzata sistematicamente (un po’ come il Meldonium che inguaiò Sharapova, prodotto molto meno pericoloso) nell’est europeo e in Cina. Una quindicenne non prende farmaci da sola per cui - a positività confermata, che ci sia sanzione o meno - è chiaro che dietro il caso ci sarebbe un doping di squadra e senza scrupoli e un’altra pagina da incubo che si apre. Nel frattempo, giovedì mattina, una Kamila sorridente e silenziosa si è allenata nello stadio del ghiaccio di Pechino.

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10 febbraio 2022 (modifica il 10 febbraio 2022 | 15:02)

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