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La zona d'interesse, la recensione del film: l'Olocausto e la ...

La zona dinteresse la recensione del film lOlocausto e la
Il regista Jonathan Glazer racconta lo sterminio degli ebrei di Auschwitz senza mai mostrare la violenza: la storia è quella di un comandante nazista e della sua placida vita familiare. Una visione coraggiosa e impressionante. La recensione

Lo sceneggiatore e regista britannico Jonathan Glazer inizia il suo nuovo film, La zona d’interesse, con un vuoto spaventoso. La colonna sonora di gemiti e lamenti di Mica Levi viene riprodotta su uno schermo nero così a lungo da mettere a disagio lo spettatore. Si ha l’impressione di scendere da qualche parte, molto probabilmente all’inferno.

E per molti versi è così. Il film, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis e presentato in anteprima al Festival di Cannes, è ambientato ad Auschwitz. O appena fuori, nella casa del comandante con maggiore anzianità di servizio nel campo, Rudolf Höss, e nella campagna circostante. L’oscurità dell’apertura del film cede improvvisamente il posto alla luce e al colore: un picnic di famiglia lungo un fiume tranquillo. Ci spostiamo poi alla casa, dove la moglie di Höss, Hedwig, appassionata di giardinaggio, ha curato la piantumazione di una bella serie di fiori e prodotti agricoli. Essendosi espansi a est, in Polonia, dove godono di un’abbondanza bucolica, gli Höss e i loro cinque spensierati figli stanno vivendo il sogno del Reich.

Rudolf sta anche sovrintendendo allo sterminio di milioni di ebrei, appena oltre le mura del giardino. Il film si avventura nel campo di concentramento solo per una breve sequenza. Per il resto, dell’orrore ci viene dato solo qualche indizio: l’abbaiare dei cani da guardia, gli spari occasionali, il rombo di una canna fumaria che si vede incombere in lontananza e che erutta fuoco, fumo e cenere mentre vengono bruciati i corpi dei prigionieri uccisi. In primo piano, l’atmosfera è serena e domestica: il cane di famiglia corre felice dietro agli Höss mentre festeggiano il compleanno di Rudolf, ospitano la madre di Hedwig per una visita per lo più piacevole, si divertono in piscina con un’altra famiglia nazista. I lavoratori della prigione portano via la cenere, mentre le cameriere polacche si aggirano freneticamente per casa irrigidite dalla paura.

Glazer si misura, ovviamente, con l’osservazione di Hannah Arendt sulla banalità del male, un’espressione coniata nel suo resoconto sul processo all’alto dirigente nazista Adolf Eichmann. Nel corso degli anni, tanti film hanno indagato l’idea di Arendt, ma l’agghiacciante manifestazione che ne dà Glazer è forse particolarmente impressionante. Il regista (il cui ultimo film è stato Under the Skin, del 2013) è molto amato per la sua audacia formale. In La zona d’interesse, in effetti, si dimostra all’altezza della sua fama. Di tanto in tanto, Glazer rende lo schermo monocromatico mentre un’altra composizione di Levi scricchiola e urla; gira un paio di scene in una spettrale visione notturna in bianco e nero; poi, in una sequenza straordinaria, zuma nel futuro per mostrare un tipo di banalità completamente diverso.

Forse, però, la sua scelta più coraggiosa è quella di girare gran parte del film in modo diretto e pacato, concentrandosi sulle piccole preoccupazioni di una serena vita famigliare. Si potrebbe obiettare che Glazer ha esposto subito il suo punto di vista e poi ha continuato a battere lo stesso tasto. A mio avviso, però, in questa lunga immersione c’è qualcosa di vitale importanza: immergersi così a fondo nella vita quotidiana di un assassino di massa e della sua ciarliera famiglia significa ricordare, in modo cruciale, che non tutti gli attori della Soluzione Finale erano pazzi furiosi come il loro Führer. Qui sono tutti sani di mente, almeno in apparenza, il che si rivela molto più spaventoso di quanto lo sarebbe stato nel caso di una malvagità più esplicita e performativa.

Christian Friedel interpreta Rudolf come un marito e padre affettuoso, forse un po’ maniaco del lavoro, ma in definitiva devoto ai suoi cari. Hedwig, interpretata da Sandra Hüller, è una compagna estremamente energica e schietta, ma in realtà solo quando si tratta di questioni personali come una vacanza in Italia o l’imminente trasferimento di Rudolf da Auschwitz. Un paio di volte, però, assistiamo a qualche esplosione della crudeltà che alberga in loro: Hedwig che minaccia allegramente una cameriera, Rudolf che fa una battuta sulle camere a gas.

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