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La zona d'interesse è un film che non ti si leva di dosso per settimane

La zona dinteresse è un film che non ti si leva di dosso per settimane
La quarta opera cinematografica di Jonathan Glazer offre uno spettacolo imponente: grottesco, macabro ed esemplare. E proprio per questo La zona d'interesse è un film che non vorrai mai più rivedere

Il film è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes lo scorso maggio e da allora è diventato uno dei più strazianti, unici e improbabili candidati agli Oscar degli ultimi anni (il film è in lizza per cinque nomination agli Oscar, tra cui migliore film e la migliore regia). Certo, si tratta di una storia che affronta un argomento ben noto quando si parla di premi cinematografici, come è stato nel caso di Schindler's List e Il pianista, o del sobrio La scelta di Sophie di Meryl Streep, tutti premiati con nomination e statuette. Ma, a differenza di molti altri film del passato e del presente, questo non è un prodotto hollywoodiano. Si tratta di un film in lingua tedesca con un budget relativamente basso, realizzato da un regista inglese indipendente che ha girato solo quattro film in 24 anni. È il tipo di opera che di solito non sfonda nella competizione per i premi più importanti, a meno che non si distingua a livello generazionale.

E così è stato. La zona d'interesse ribalta ogni nostra aspettativa. Tranne che per un momento di sparizione a metà film, non assistiamo mai a nessuna delle atrocità all'interno del campo ed è una trovata insolita per un racconto filmico che ha al centro livelli inauditi di violenza. Tutto ciò che vediamo è la quotidianità di una famiglia dall'aspetto ordinario, il cui giardino è tagliato da un muro imponente. Siamo di fronte a un dramma domestico con una svolta sanguinosa che arma la nostra immaginazione contro di noi. La violenza è compartimentata, resa banale. Ed è eccezionalmente agghiacciante.

Il film è liberamente tratto dall'omonimo libro di Martin Amis, anche se non si va oltre la premessa di base; i personaggi sono quasi completamente cambiati, così come la struttura narrativa data dallo scrittore che combina tre prospettive intrecciate. Vediamo gli eventi nel modo in cui si potrebbe assistere a un episodio del Grande Fratello, attraverso una serie di telecamere posizionate negli angoli delle stanze, come un'intercalare di telecamere a circuito chiuso, che enfatizzano l'inquietante naturalezza degli attori.

In questo modo, analogamente alla scrittura originale del libro, Glazer evoca la famosa idea della banalità del male enunciata dalla giornalista Hannah Arendt, durante il suo reportage sul processo a un altro nazista di alto profilo, Adolf Eichmann, per il New Yorker. In parole povere, il personaggio di Friedel, Höss, "sta solo facendo il proprio lavoro"; è un burocrate che si è abituato ai mali da lui perpetuati, a patto che questo gli permetta di avere una bella casa e un lago per i suoi bellissimi figli. L'orrore non assomiglia solo a quanto immaginiamo, ma anche alla normalità e alla comodità. Le due cose convivono (in questo caso, letteralmente) l'una accanto all'altra.

La zona d'interesse è un grande film: grottesco, terribilmente macabro ed esemplare. Riuscito fino al punto che non vorrai mai guardarlo di nuovo. Si insinua nelle viscere e vi rimane per molto tempo dopo i titoli di coda. Non è il più roboante di tutti i film candidati agli Oscar, né il più complesso dal punto di vista visivo o il più appariscente. Ma proprio per questo è ancora più toccante.

Articolo originariamente pubblicato su GQ UK

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