Madoff, il "genio del male" che fece tremare la finanza globale. Così ha ingolosito Paperoni e big di Wall...
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NEW YORK - Karry Markopolos fu il primo a confidare alla Securities and Exchange Commission (Sec, l'organo di vigilanza della Borsa americana) i sospetti sullo strano caso di Bernard Madoff, appena morto in carcere e artefice del crac da 50 miliardi di dollari che fece tremare la finanza mondiale. Attenzione alla data: la denuncia di Markopolos è del 1999. "C'erano tutti gli indizi di una maxitruffa ma la gente preferì ignorarli, attratta dagli alti rendimenti", disse. Gli ingenui, disposti a chiudere gli occhi di fronte ai segnali di allarme, non erano piccoli risparmiatori sprovveduti, ma il Gotha del capitalismo globale: dal colosso bancario giapponese Nomura alla Royal Bank of Scotland, da Santander ad alcuni fondi esteri Pioneer del gruppo Unicredit. Più il fior fiore degli hedge fund di Wall Street, l'alta società newyorchese, proprietari di squadre di baseball, celebri redditieri che Maloff frequentava in un esclusivo club di golf. Anche Steven Spielberg.
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L'inverosimile "affaire Madoff", col senno di poi è soprattutto interessante perché il suo genio consisteva nell'abbindolare chi aveva tutti gli strumenti per difendersi. E comunque a 13 anni dallo schianto sistemico del 2008 la vicenda Madoff appare come un episodio di colore, una nota a piè di pagina, in un contesto in cui le grandi banche fecero di molto peggio ingannando mezzo mondo sui mutui subprime. Madoff fu solo il comprimario, il lestofante quasi solo pittoresco, simbolo estremo di un'èra in cui tutti hanno perso la bussola, ogni regola è stata stravolta, i controlli sono saltati. Da questa storia grottesca non si salva nessuno.
I segugi della Sec dopo aver ricevuto quella prima segnalazione-denuncia nel 1999 chiusero le loro indagini rapidamente: tutto regolare. Nel 2001 un'altra ondata di sospetti su Madoff fu sollevata dalla stampa americana. Inutile. Lui continuava la sua ascesa, culminata con la nomina alla presidenza del Nasdaq. Del resto la ricostruzione dell'Fbi lascia esterrefatti: Madoff non è stato smascherato, si è autodenunciato. Ha fatto tutto da solo. Arrivato a fine corsa nel dicembre 2008 ha chiamato i due figli - apparentemente estranei all'azienda paterna e anche loro derubati dei loro risparmi - e ha detto semplicemente: "Il mio business è uno schema Ponzi".
Negli anni Venti l'italoamericano Charles Ponzi rovinò 40.000 risparmiatori con un sistema tipo catena di Sant'Antonio o "piramidi albanesi". Una tipica truffa che garantisce forti guadagni finché affluiscono nuovi investitori, i cui fondi servono a pagare le prime vittime mantenendo l'illusione. Ponzi nel 1920 venne condannato a cinque anni di galera.
Tra gli indizi che Markopolos segnalò alla Sec quasi dieci anni prima dell'auto-denuncia di Madoff, c'erano i rendimenti elevati e costanti che il truffatore garantiva alla sua clientela: non importa come andassero le Borse, le obbligazioni, le valute, l'oro o il petrolio, lui offriva comunque gli stessi guadagni alti e regolari anno dopo anno. I suoi metodi d'investimento erano un mistero custodito da una ventina di collaboratori nell'impenetrabile ufficio al 17esimo piano del Lipstick Building, sulla Terza Strada di Manhattan. Dove la fantasia umana non arriva, però, è a spiegare il comportamento dei superclienti.
Quando Madoff confessa tutto ai figli, ormai sono passati 17 mesi dai primi scossoni che hanno turbato i mercati finanziari globali: nel luglio 2007 la Bnp fu costretta a sospendere alcuni hedge fund, vittime dell'uragano che si avvicinava. Sono passati più di dieci mesi dalla truffa di Jerome Kervel alla Société Générale. Tre mesi dalla bancarotta di Lehman Brothers. I grandi investitori istituzionali dovrebbero essere in stato di massima allerta. Invece eccoci nel dicembre 2008: le più note banche europee, gli hedge fund esclusivi, l'aristocrazia del denaro di Wall Street, tutti assistono sotto choc alla scoperta che un signore stava spolpando i loro patrimoni. Purtroppo la dabbenaggine dei ricchi non è una consolazione. Tra i clienti di Madoff c'erano fondi d'investimento che le banche distribuivano anche ai piccoli risparmiatori. Perfino alcune fondazioni filantropiche avevano affidato a lui i loro capitali.
Una coda tragica avviene due anni dopo: quando muore suicida il figlio di Madoff.
Ha scelto il giorno del secondo anniversario dell'arresto di suo padre, ha scelto d'impiccarsi col guinzaglio di cuoio del cane. Alle 7.27 dell'11 dicembre 2010 a New York una telefonata al 911 ha avvisato di un "possibile suicidio" al 158 della Mercer Street, quarto piano, nel quartiere di Soho a Manhattan. Lì la polizia ha trovato il corpo di Mark Madoff, 46 anni, che penzolava da un tubo di ghisa del soffitto. Nella stanza a fianco suo figlio, un bambino di due anni, dormiva ancora.
Era l'11 dicembre 2008, quando gli agenti dell'Fbi andarono a prelevare suo padre Bernard. La vigilia dell'arresto di Bernard, i due figli Mark (il maggiore) e Andrew avevano avuto con lui un incontro teso, e decisivo. Erano andati a chiedergli spiegazioni su una decisione sospetta: improvvisamente Bernard aveva voluto distribuire centinaia di milioni di dollari in "bonus" di fine anno ai collaboratori della sua società finanziaria. Un gesto anomalo, eccessivo, che i due figli non capivano. Dietro il quale forse intuirono (per la prima volta?) quel disastro che secondo i loro legali il padre aveva sempre tenuto nascosto.
Perché questa è la versione che l'indomani Bernard Madoff diede all'Fbi, la versione che ha sempre difeso dal carcere dopo la condanna a 150 anni: l'immensa "trama di Ponzi", piramide o catena di Sant'Antonio, durava da anni eppure era tutta opera sua. Né la moglie né i figli sapevano nulla. Una versione che deve avere qualche solidità, visto che non si sono mai avverate le voci sull'arresto dei familiari, e neppure le previsioni di una loro incriminazione penale. Ma anche in libertà, la vita di Mark era distrutta.