Olly e quella “Balorda nostalgia” di un ventenne che si guarda alle ...
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Olly è forse la variabile impazzita nei pronostici: la canzone cresce a ogni ascolto (ed è la più ascoltata su Spotify). Nato all’inizio del secolo in corso, curiosamente evoca una “balorda nostalgia”.
Le storie d’amore finite sono un genere canoro, letterario, cinematografico: vedi, quest’anno, anche solo Lauro e la sfortunata Michielin. Ma fa effetto che si guardi alle spalle un ventenne, confermandomi però nella convinzione che la nostalgia non sia questione di anagrafe. E se sul fronte sociologico sembrava cristallizzata la nomea dei Millennials come passatisti, nel Sanremo 2025 sembrano rivendicare il sentimento uggioso quelli della cosiddetta Gen Z.
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Sarah Toscano, nata nel 2006, dunque nemmeno ventenne, titola la sua canzone Amarcord. È presumibile che i suoi coautori, gente venuta al mondo negli anni Novanta, abbiano consapevolmente omaggiato Fellini. Anche se il film non c’entra. C’entra però il tempo imperfetto, lo sguardo retrospettivo, la sensazione di avere perso qualcosa: «È tutto così amarcord, comico e tragico/ Cosa eri tu, non lo so».
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Quanto a Olly, propone la sua “retrotopia” privata: «Vorrei tornare a quando ci bastava ridere, piangere, fare l’amore…». Struggimento post-adolescenziale cantato con energia, quasi con furia – forse un modo per non lasciarsi illanguidire dalla balorda nostalgia. Che, nel festival ormai rinominato della restaurazione, potrebbe essere rischioso. Forse Olly non lo sa, ed è bene che non lo sappia: la nostalgia è un pericolo quando da individuale, intima, diventa collettiva. Quando è il rimpianto autoconsolatorio dei tempi che furono.
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L’Italia, “tutta l’Italia” è, in questo senso, un paese malato: avanza sulla carreggiata senza inserire nemmeno la terza e guardando fisso nello specchietto retrovisore. E la nostalgia – come fa notare Lucrezia Ercoli in un libro di un paio di anni fa, Yesterday (Ponte alle Grazie) – «infetta» tutto: «Dal remake cinematografico al Techetechetè televisivo, dal vintage modaiolo al design rétro. Perfino i sapori devono assomigliare a “quelli di una volta”».
Perfino i festival di Sanremo, a quanto pare. Le co-conduttrici in assetto da vallette non erano superate almeno quanto i monologhi? Ho letto articoli e post in cui si manifesta il rimpianto per i bei Sanremo di tanti anni fa. Ma quali? Quelli in cui andavano solo i cantanti di seconda e terza fascia? Quello condotto, in un’edizione surreale, dai “figli di”? Quelli del baudismo di ritorno, che avevano perso la magia? In Italia il passato è l’unico (ingannevole) porto sicuro. Balorda nostalgia, ben detto Olly.