Il caso. Sospetti e denunce: perché sullo spyware Paragon è ...
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ANSA
«Nessuna persona è mai stata intercettata da strutture finanziate dal ministero della Giustizia nel 2024. E nessuna è mai intercettata dalla Polizia penitenziaria...». Alla Camera dei deputati, durante il question time, il Guardasigilli Carlo Nordio prova a tirare fuori il proprio dicastero dal vorticoso frullatore di sospetti, congetture e denunce che ormai aleggia attorno al cosiddetto caso Paragon. Senza mai nominare l’azienda israeliana produttrice del software-spia Graphite - che, come una sorta di carta carbone, riesce a copiare ogni singolo dato di un dispositivo e che potrebbe essere stato usato anche per “controllare” alcuni giornalisti e attivisti italiani -, il ministro cerca di mettere qualche punto fermo nell’attuale nebulosa di supposizioni e ricostruzioni. Le sue precisazioni, peraltro, incrinano parzialmente la cortina di silenzio adottata da Palazzo Chigi, che l’altro ieri aveva anticipato alla presidenza della Camera che il governo - in risposta a due interrogazioni di Iv e Pd - non avrebbe fornito ulteriori informazioni sulla vicenda, se non in sede di Copasir, perché ormai «classificate» (cioè coperte da segreto per questioni di intelligence). Un muro che ha innescato le proteste delle opposizioni, che hanno lamentato «un grave vulnus» alla democrazia.
Schlein: «Cosa nasconde il governo Meloni?»
Così, Nordio decide di spazzare via almeno i dubbi sul suo ministero: «Nessun contratto è mai stato stipulato con società private dal Dap o dalle direzioni da cui dipendono il Gruppo operativo mobile e il Nucleo investigativo centrale», argomenta, ribadendo inoltre che «le intercettazioni si fanno solo su autorizzazione dell'autorità giudiziaria». Poi però è la segretaria del Pd Elly Schlein a prendere la parola: «Sappiamo che giornalisti e attivisti italiani sono stati spiati con Graphite, utilizzato esclusivamente da organi dello Stato - incalza -. Chi li spiava e per quale motivo? Cosa sta nascondendo il governo Meloni? Il Paese si merita risposte e il luogo dove fornirle è il Parlamento». E il leader di Italia viva Matteo Renzi punta il dito sul sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano: «Se nessun ministero ha acquistato il trojan israeliano, allora solo i servizi ce l’hanno».
Il dossier di Mediterranea e la denuncia della Fnsi
Nelle stesse ore, la ong Mediterranea Saving Humans annuncia di aver commissionato un’analisi indipendente a un team di ricerca dell’Università di Toronto, in merito al tentativo di spionaggio in danno del suo fondatore Luca Casarini (che avrebbe riscontrato nel suo cellulare e in quelli di altri membri della ong elementi che gli hanno fatto sospettare intrusioni). Ebbene, secondo la ricerca, «nel febbraio 2024, quindi molti mesi prima dell’individuazione del warm Graphite, una entità non ancora identificata ha operato un attacco software sofisticato, con tentativo di forzatura degli account di Casarini». E i due parlamentari di Avs, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, che più volte hanno incontrato Casarini, vogliono sapere dal governo se pure loro siano stati spiati, attraverso quello stesso trojan. In parallelo, l’Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della Stampa italiana presentano una denuncia contro ignoti presso la procura di Roma, perché «siamo di fronte a fatti che non solo violano il codice penale, ma la stessa Costituzione». Insomma, la matassa politico-giudiziaria è sempre più intricata. E dipanarla non sarà semplice.