Paragon, il nuovo spyware israeliani e l'ombra dello spionaggio del ...
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Un software israeliano prodotto da un’azienda fondata da un ex membro dell’Unità 8200 dell’Israel Defense Force, la “guardia d’élite” cyber delle forze armate di Tel Aviv, è stato usato per spiare giornalisti e attivisti e tra i suoi clienti figurava anche il governo italiano. Giorgia Meloni è sulla difensiva nel dibattito che si è acceso dopo che Paragon Solutions, l’azienda che produce il software in questione, è stata denunciata da WhatsApp per aver violato gli account di 90 giornalisti, esponenti della società civile e attivisti in tutta Europa con il suo prodotto Graphite.
Tra gli spiati, anche il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, giornalista critico del governo Meloni, e il direttore dell’Ong Mediterranea Saving Humans che opera contro i naufragi dei migranti nel Mediterraneo, Luca Casarini. Il Guardian ha oggi rivelato in esclusiva che Paragon avrebbe interrotto il contratto col governo italiano dopo l’apertura della polemica circa il targeting di figure critiche dell’esecutivo di Giorgia Meloni nei giorni scorsi.
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La rivelazione del Guardian
Secondo la testata britannica, che cita fonti a conoscenza del dossier, “Paragon ha stabilito che l’Italia aveva violato i termini di servizio e il quadro etico concordato ai sensi del contratto” per l’uso del software che, come l’altro prodotto israeliano Pegasus, sviluppato da Nso, “può infettare un telefono cellulare senza che l’utente ne sia a conoscenza e senza che l’utente clicchi su un link o un’e-mail dannosi”. Il Guardian nota che “WhatsApp ha affermato che le 90 persone che sono state probabilmente compromesse sono state aggiunte alle chat di gruppo di WhatsApp e hanno ricevuto PDF dannosi, che probabilmente hanno poi infettato i telefoni”.
Su questo tema, è bene capire gli scenari di riferimento in cui ci si muove. Da un lato, un presidio importante di tecnologie israeliane nella nostra architettura cyber e investigativa è presente ed è indubbio che il suo peso sia sproporzionato per le logiche di autonomia e sicurezza che una grande potenza dovrebbe avere, come dimostrato dal recente caso Equalize. Al contempo, però, è anche possibile che l’uscita di Paragon dal contratto con Roma possa essere dettata dalla volontà di non esporsi eccessivamente agli occhi dell’opinione pubblica e che due casi non necessariamente danno l’idea di una campagna di spionaggio concordata a Palazzo Chigi.
Le domande sullo spyware e sull’Italia
Se l’Italia era tra i clienti di Paragon, chi era titolato ad usarlo? Quale ministero o dipartimento? Un apparato istituzionale o un servizio? Chiaramente la risposta a queste domande non ci è nota e prima di prendere la strada di soluzioni affrettate per fatti che vanno ancora confermati riteniamo sia doveroso farsi domande. E la prima domanda riguarda il proliferare di casi di spionaggio, dossieraggio e intrusione riguardanti figure pubbliche e che animano il dibattito della politica, dell’informazione, dell’economia. Che sviluppi negli equilibri di sistema vuole promuovere che opera queste mosse? E ancora: perché le tecnologie straniere, anche quelle più azzardate, proliferano così tanto nel sistema Italia? Servirebbe un protocollo d’uso e, se possibile, tecnologie tracciabili e made in Italy. Ma questa è forse solo l’ultima delle questioni. La realtà ci parla di grandi torbidi attorno a Paragon, e non solo. E per ora l’unica possibilità è fare le domande giuste, non correre a risposte affrettate.