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100 passi e 45 anni: il destino di Peppino Impastato Il Nuovo ...

100 passi e 45 anni il destino di Peppino Impastato Il Nuovo
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Si commemorano oggi i quarantacinque anni dalla morte, per mano della mafia, di Peppino Impastato.

La distanza che divideva la casa del giornalista Giuseppe Impastato da quella di  Tano Badalamenti, boss mafioso e mandante del suo assassinio, era lunga appena 100 passi. Ancor meno distante era il rapporto d’amicizia che univa il boss mafioso e il padre di Peppino; questo non bastò ad impedire la sua uccisione. Quando si compì l’omicidio, la morte di Peppino passò in secondo piano perché quel giorno, il 9 maggio del 1978, fu ritrovato il corpo di Aldo Moro, in una R4 rossa.

Della vita e della morte di Peppino Impastato, il regista Marco Tullio Giordana ne ha fatto il film “I 100 passi”, uno di quelli che ti entrano dentro e non li scordi mai. Presentato alla mostra del Cinema di Venezia nel 2000, a 22 anni di distanza dall’omicidio e dopo indagini e depistaggi, processi e condanne, ha visto Luigi Lo Cascio interpretare la figura di Peppino Impastato.

Nel film, l’attore palermitano Luigi Maria Burruano, nel complesso ruolo del padre di Peppino, ci ha lasciato un’interpretazione memorabile, che lui stesso, quando lo incontrai nel back stage del programma di Maurizio Costanzo “Buon Pomeriggio”, definì: “È stata una cosa bbuona”.

Giuseppe Impastato, per tutti Peppino, era nato a Cinisi, Palermo, nel 1948. Il padre, Luigi Impastato, era un mafioso al servizio del boss locale Gaetano Badalamenti, detto Don Tano.

Peppino non riesce ad accettare la logica della mafia e fin da bambino vive con sofferenza la situazione “d’amicizia mafiosa” del padre, e con lui anche la madre Felicia, che difende Peppino quando se ne va di casa.

A metà degli anni 70, con l’apertura di un’emittente radio locale, Radio Aut, Peppino denuncia la mafia con toni molto forti: “Mio padre! La mia famiglia! Il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”

Oltre l’attività radiofonica, Peppino Impastato scrive articoli, e nel 1978 si candida nelle file di Democrazia Proletaria. Prima che le elezioni si svolgano, viene assassinato su mandato del boss Gaetano Badalamenti, lo stesso per cui aveva lavorato il padre Luigi. Saranno la madre Felicia e il fratello Giovanni, attivisti antimafia, a portare avanti la lotta di Peppino e a non mollare nelle indagini per avere tutta la verità. Questa verità, in un fascicolo sui depistaggi, verrà consegnata alla mamma Felicia, poco prima della sua morte, nel 2004, e lei dirà: “Queste pagine hanno resuscitato mio figlio”.

Il caso della morte di Peppino Impastato è soprattutto una storia di depistaggi, d’intrecci mafiosi, di collusioni e di misteri. Ed è una storia di lotta contro la mafia.

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