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Sindrome di Medea, cos'è e come si può riconoscere

Sindrome di Medea cosè e come si può riconoscere
Una condizione psicologica che prende ispirazione dall’omonimo mito, in cui la madre per vendicarsi del marito uccide i figli. Vediamo di cosa si tratta

È di ieri, 14 giugno, la notizia del ritrovamento del corpo della piccola Elena Del Pozzo in un campo a duecento metri da casa nel catanese. A toglierle la vita è stata la madre ventitreenne che, dopo aver tentato di inscenare un rapimento, ha confessato. La donna aveva manifestato delle sofferenze psichiche riferite alla nuova relazione dell’ex marito, e in particolare al rapporto della figlia con la sua nuova compagna. In relazione a quanto accaduto, c’è subito chi parla di “sindrome di Medea”, riferendosi alla tragedia greca che racconta di una donna che viene lasciata dal marito e per vendicarsi uccide i figli. Per farlo, però, occorre un’analisi più approfondita. Quel che è certo, è che i numeri dei figlicidi in Italia negli ultimi anni sono impressionanti.

Dal mito alla sindrome di Medea

Il termine “sindrome (o complesso) di Medea” è stato utilizzato per la prima volta dallo psicologo Jacobs alle fine degli anni ’80 per indicare il comportamento di una madre (nel mito, Medea, la figlia della maga Circe) che mirava a distruggere il rapporto fra il padre (nel mito, Giasone) e i figli, soprattutto in seguito a una separazione conflittuale. A volte il complesso di Medea si sviluppa in maniera inconscia e non si traduce in azioni esplicite, altre invece è conscio e visibile anche nei comportamenti e nelle azioni. Esistono diverse versioni del mito, ma quella che dà origine al complesso di Medea è quella di Euripide. Secondo la narrazione, Medea si arrabbia con il compagno Giasone che si era innamorato di un’altra donna e decide di vendicarsi. È talmente accecata dall’odio, però, che arriva a mettere da parte la propria maternità, il proprio patto naturale di protezione nei confronti dei figli, e arriva a ucciderli. 

Perché potrebbe avere a che fare con il caso di Catania

Nel caso di Catania, si parla di una situazione che richiama il quadro psicologico del mito: la madre rappresenta Medea, mentre l’ex marito della donna rappresenta Giasone.

“La prima importante precisazione che voglio fare è che, nel caso di Catania, possiamo parlare di sindrome o complesso di Medea, ma non avendo parlato direttamente con la donna sono soltanto ipotesi” dice Michele Mezzanotte, psicologo psicoterapeuta studioso di mitologia e aspetti psicologici legati alla mitologia. “Quindi non mi sento di dire con sicurezza che quello che è accaduto è riferibile a questa sindrome, ma dico che potrebbe essere e va valutato. E ci sono almeno tre ragioni che me lo fanno supporre. Il primo aspetto del complesso di Medea deriva dall’etimologia del nome stesso, che significa “scaltro, scaltrezza”. Nel caso in questione, da parte della donna c’è stato un tentativo di “essere scaltra”, perché dopo aver ucciso la figlia ha inscenato un rapimento. La seconda riflessione che mi viene in mente invece riguarda la gelosia, e a proposito di questo cito la frase di Jung ‘la gelosia è mancanza di amore’: la gelosia, soprattutto quella di Medea, quella che diventa una sofferenza psicologica acuta, è mancanza d’amore nei confronti di sé stessi e degli altri, e porta a una distruzione dei propri legami. In questo caso del legame madre-figlia. La terza riflessione riguarda la rabbia, perché l’uccisione è un atto di rabbia, di violenza. E, sempre ipotizzando, si nota che c’è stato un triplice spostamento dal punto di vista psicologico. Innanzitutto, probabilmente la donna ha vissuto un grande senso di rabbia nei confronti di se stessa per il fallimento del proprio matrimonio, ma invece di arrabbiarsi con sé stessa ha spostato la rabbia verso il marito e, in seguito, sulla nuova compagna del marito. Infine, lo spostamento della rabbia è caduto sulla figlia. Se fosse un complesso di Medea puro, la vendetta sarebbe direttamente nei confronti del marito, invece stando alle parole della donna omicida riguarderebbe maggiormente la nuova compagna e la gelosia per il rapporto che stava creando con la figlia. Possiamo intravedere quindi il complesso di Medea, ma non in forma pura”. 

Eventi di omicidio innescati dalla sindrome di Medea si presentano come improvvisi e inattesi, spiega lo psicologo, ma in realtà monitorando la situazione ci sono delle avvisaglie psicologiche. È probabile anche che, in questi casi, alla sindrome di Medea si accompagni una psicopatologia.

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